Io NON sono una taglia.

Ogni tanto mi fermo a riflettere, preferibilmente davanti ad uno specchio.
Su cosa?
Su quello che non mi è stato dato, o meglio, su quello che gli altri dicono che non mi è stato dato.
Mi guardo e traccio contorni, li rimpicciolisco, elimino mentalmente ogni forma considerata non giusta, stringo tra le dita tutta la pelle in più e abbasso lo sguardo perché la consapevolezza - e la paura - si ammassano assieme al grasso in più e (mi) soffocano.
Ci sono stati giorni in cui mi sono sentita l'ultima delle donne, l'ultima delle amiche, l'ultima delle fidanzate - esclusivamente dopo le solite sedute di shopping andate male.
Mi sono messa a dieta, ogni giorno della mia vita, perché da piccola ho mangiato troppe polpette e leccato troppa Nutella dalle dita. Ho passato l'adolescenza a sentirmi inferiore alle mie coetanee, non potevo essere carina come loro, non potevo mettere gli stessi vestiti o scambiare i miei con i loro. Non mi sarebbero entrati.
Sono stata in sovrappeso per 21 anni.
E lo sono anche mentre sto scrivendo, proprio in questo momento.
Ci sono stati giorni in cui i miei chili venivano messi prima del mio essere, sono stata definita e etichettata nei modi peggiori. Ci sono state milioni di persone che continuavano a ripetermi: ''Se solo fossi più magra saresti bellissima.''
E io mi sono dannata.
Come una pazza ho buttato giù 20 kg in una botta sola. E non è servito a niente.
Li avevo buttati, li ho ripresi, li ho ributtati e continuo a riprenderli.
Se solo mi guardo indietro, pensando a tutte quelle giornate passate con lo stomaco che mi gorgogliava per la fame, ai gelati che non potevo mangiare, a quelle 40 pennette che mi dovevo far bastare a pranzo e alle sigarette usate come scusa per farmi passare la fame, mi viene da ridere.
Sì.
Mi viene da ridere perché penso a quanto dovessi essere debole per dare tanta importanza alla voce altrui. Dovevo dimagrire per essere accettata da qualcuno. Non importava io chi fossi e cosa volessi, la prima cosa che vedevano - e quindi vedevo - in me erano le gambe grosse e le curve marcate dei fianchi subito dopo la vita stretta.
Sono 21 anni che lotto contro il mio grasso, quando invece sin dall'inizio avrei dovuto lottare per far si che la gente vedesse qualcos'altro in me.
Non mi è mai piaciuto definire le persone, siamo tutti incatalogabili e abbiamo tante di quelle sfumature, perché mai bisognerebbe ridurci in poche parole?
Eppure, mi domando come mai tutti mi abbiano sempre riservato il comportamento opposto,
perché io non andavo bene quando a me quasi piacevo? 
Non so dirvi neanche l'esatto momento in cui ho iniziato a darmi una calmata, ad accettarmi e amarmi incondizionatamente. Forse semplicemente quando sono riuscita ad indossare un vestito senza che mi importasse di come potevo apparire agli occhi degli altri. O ancora, quando ho capito che il mio nemico più grande era la mia testa. Dovevo mandare via tutti e pensare per prima a me, alla persona che volevo essere, l'unico giudice che poteva criticarmi ero io, e non avrei dovuto accettare altre opinioni. Soprattutto quelle crudeli.
E ce l'ho fatta.
Non nego che ancora da' un po' fastidio entrare nei negozi e trovare taglie sempre più piccole, dannarmi nei camerini perché non mi entrano i jeans. Ma non piango più.
Per il mio peso non sto più male. 
Ed è una cosa che dovrebbero fare praticamente tutti. Non c'è bisogno di diete distruttive, di ore di palestra o di rinunce costanti. E' tutto un puzzle di consapevolezze, una volta capito che non si è una taglia, tutto viene da sé. L'amore per il proprio corpo, viene da sé. Perché non ci voglio credere che ci siamo ridotti a questo, una taglia non fa una persona, non può farla.
Bisognerebbe amare ogni parte di sé, ogni giorno, e uscire a testa alta lasciando perdere le persone e i loro commenti poco carini, che poi di solito chi critica e giudica e cerca di farti sentire inferiore è il primo che non sta bene con sé stesso. Altrimenti che senso avrebbe?
Sono dell'idea che perdere peso si debba fare per sé stessi, non per gli altri o perché così ti dicono in tv, ma perché ci si vuole bene e si vuole stare bene - visto che, diciamoci la verità i chili in più, il grasso, sono dannosi e portano a problemi gravi.

Leggo ogni giorno di guerre mediatiche e psicologiche, si parla di grasse, curvy, taglie 38, obesità, anoressia e bulimia. Leggo di chi denigra quelle come me per le gambe troppo grosse, e ci chiama ciccione perché normalmente si dovrebbe potare una taglia che va dalla 36 alla 44 - tutto il resto dovrebbe essere vietato perché è antiestetico. Leggo anche di chi fa lo stesso alle ragazze ''Skinny'', perché loro hanno il problema opposto, troppo magre, troppo piccole.
E mi domando - di nuovo e come sempre - se qualcuna di queste persone conosca l'anatomia umana e sappia che non tutti i corpi sono uguali, ognuno ha le proprie forme, nate dalla natura e quindi per definizione armoniche.
Ma soprattutto mi chiedo, con tutto quello che una donna possiede, voi dovete proprio andarvi ad attaccare all'unica cosa che meno conta? Da quand'è che una donna ha smesso di essere il centro dell'amore, della sensualità, un universo sconosciuto rinchiuso in carne ed ossa ed è diventata una taglia?
Dov'è finito l'amore spassionato per il corpo femminile in ogni sua forma?
Eppure l'arte ne è piena, solo che voi non ci arrivate proprio, così chiusi nella vostra idea di perfezione derivata dalla troppa televisione e dai troppi culi finti su cui sbavate.
Io non sono una taglia,
una donna non è una taglia,
e voi dovreste assolutamente rivedere le vostre priorità.



Con affetto ai media e alle persone che mi hanno chiamato ''balena'' o ''cicciona'' nel corso degli anni e a tutte quelle altre che si ergono a giudici di stocazzo e dettano categorie estetiche,
Ipswich ~

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