Caro Stefano Feltri - chiudi baracca e burattini e vai a vendere ceci.
Non sono solita scrivere questi tipi di articoli o post, come volete chiamarli, ma sono un paio di giorni che mi sono sentita tirata in causa - da umile studente quale sono - da ben 2 articoli pubblicati su Il Fatto Quotidiano, un giornale che fortunatamente non leggo, di solito.
Dico fortunatamente perché uno dei giornalisti, nonché Vicedirettore, se ne è uscito con due degli articoli più ignoranti che abbia mai letto. Ignorante nel senso che - secondo me - ignora completamente il vero concetto di cultura, quella totale, quella che se gli fosse stata insegnata lo avrebbe fermato dallo scrivere quelli che possono essere chiamati scempi e non articoli di giornale. E poi ha un'apertura mentale che manco la mia prozia nata e cresciuta nel Medioevo.
( Ve li lascio QUI e QUI - vi esorto a leggerli)
_________
Caro Stefano Feltri,
prima di cominciare questa invettiva volta a farle capire quanto lei sia vuoto e misero dentro e quanto, fortunatamente, poche persone abbiano la sua stessa ''sensibilità'' verso la vita e il mondo, mi presento, così capisce che non le sta parlando una che è fuori dall'argomento: ho 21 anni e nel Marzo del 2016 conto di laurearmi in uno dei corsi di laurea umanistici che Lei ha definito praticamente inutili e uno spreco di soldi, anzi in uno dei corsi che lei neanche ha citato - forse perché è un corso per poracci, per un Bocconiano come lei. Precisamente mi laureerò in Mediazione Linguistica al L'Orientale di Napoli e non c'è stato mai, in questi tre anni, un solo giorno in cui io abbia detto ''ho fatto una cazzata a studiare lingue''.
Ora, le parlo perché ovviamente gli studi linguistici sono e saranno sempre studi umanistici, o almeno lo sono secondo il mio punto di vista. Se sto sbagliando mi perdoni, ma gli studi culturali e linguistici non sono mai stati inseriti nelle materie scientifiche da nessuno che conosco e in nessun manuale che ho dovuto studiare. Comunque sta di fatto che questi suoi due fantomatici articoli non solo mi hanno rovinato le giornate, ma mi hanno fatto anche esplodere - perché sfortunatamente non è la prima persona che incontro a parlarmi così e io sono un tipo che difende a spada tratta i suoi sogni e quindi anche la mia università e i miei studi. (Che per l'appunto, definisco miei perché scelti con cognizione di causa, secondo ''quello che sono brava a fare'' e perché mi appartengono davvero, visto che sto mettendo in gioco me stessa e il mio futuro.)
Nel suo primo articolo lei dice:
Lei non è nessuno per giudicare la mia carriera universitaria e quella dei miei coetanei e colleghi di studio, Lei non è nessuno per dirmi che io non ho la forza e le capacità di affrontare studi di medicina o ingegneria.
Mi lasci dire, Signor Feltri, che lei è solo un piccolo uomo - il più piccolo al mondo - che si nasconde dietro un giornale e dietro una laurea che di importante ha solo il nome dell'università che gliel'ha rilasciata. Mi fa piacere che lei abbia avuto la possibilità di studiare e laurearsi alla Bocconi, ma sa una cosa? Io e tanti altri ragazzi abbiamo avuto il coraggio - e ancora lo abbiamo - di seguire i nostri sogni, di non farci fermare da nessuno e non farci abbindolare dalla solita storia ''se fail il medico o l'avvocato guadagni di più''.
Divento medico o avvocato perché ne ho la predisposizione e una passione sfegatata, altrimenti, rovino solo la vita della gente. Un medico che ama il suo lavoro, che avesse voti bassi o no all'università, compirà sempre il suo mestiere come si deve. Uno che invece ha scelto l'università solo per far soldi, come ha fatto lei, non farà mai bene il suo lavoro perché l'80% delle volte o non è portato per quel mestiere o non lo sa proprio fare.
Appartengo quindi, come ben capisce, alla schiera di ragazzi che fortunatamente ancora ha qualche sogno da realizzare e che sceglie la propria carriera non in base ai soldi o alla fama che potrà portare.
E sa una cosa?
Sono uscita da un Liceo Scientifico, andavo anche molto bene in matematica, ma quando aprii un manuale di ingegneria mi accorsi che più che i numeri io volevo studiare le parole e il modo in cui comunicare con il resto del mondo. I numeri li capivo fino ad un certo punto, poi cominciavo a mandarli a quel paese, non perché non fossi brava tutto d'un tratto, ma perché c'era proprio un blocco mentale. I numeri non mi piacevano così tanto, non ci ero portata, e quindi arrivavo ad un punto in cui non mi interessavano più.
Ora sta succedendo la stessa cosa con un esame simile a quello che ha citato lei nel suo secondo articolo: Filologia Germanica. Sì, come vede, voglio fare l'intellettuale bohemien come dice lei, perché fa figo studiare una materia da futuri-poracci-senza-soldi, no? Se anche fosse, ho riscontrato che se con i numeri arrivavo al punto in cui chiudevo il libro e lo lasciavo a marcire, con questa materia succede l'esatto opposto. Se anche non capisco una cosa, ci sto lì ore e ore e cerco di farmela entrare in testa. Perché è questo il mio volere, perché voglio passare l'esame brillantemente e perché mi piace.
Dico fortunatamente perché uno dei giornalisti, nonché Vicedirettore, se ne è uscito con due degli articoli più ignoranti che abbia mai letto. Ignorante nel senso che - secondo me - ignora completamente il vero concetto di cultura, quella totale, quella che se gli fosse stata insegnata lo avrebbe fermato dallo scrivere quelli che possono essere chiamati scempi e non articoli di giornale. E poi ha un'apertura mentale che manco la mia prozia nata e cresciuta nel Medioevo.
( Ve li lascio QUI e QUI - vi esorto a leggerli)
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Caro Stefano Feltri,
prima di cominciare questa invettiva volta a farle capire quanto lei sia vuoto e misero dentro e quanto, fortunatamente, poche persone abbiano la sua stessa ''sensibilità'' verso la vita e il mondo, mi presento, così capisce che non le sta parlando una che è fuori dall'argomento: ho 21 anni e nel Marzo del 2016 conto di laurearmi in uno dei corsi di laurea umanistici che Lei ha definito praticamente inutili e uno spreco di soldi, anzi in uno dei corsi che lei neanche ha citato - forse perché è un corso per poracci, per un Bocconiano come lei. Precisamente mi laureerò in Mediazione Linguistica al L'Orientale di Napoli e non c'è stato mai, in questi tre anni, un solo giorno in cui io abbia detto ''ho fatto una cazzata a studiare lingue''.
Ora, le parlo perché ovviamente gli studi linguistici sono e saranno sempre studi umanistici, o almeno lo sono secondo il mio punto di vista. Se sto sbagliando mi perdoni, ma gli studi culturali e linguistici non sono mai stati inseriti nelle materie scientifiche da nessuno che conosco e in nessun manuale che ho dovuto studiare. Comunque sta di fatto che questi suoi due fantomatici articoli non solo mi hanno rovinato le giornate, ma mi hanno fatto anche esplodere - perché sfortunatamente non è la prima persona che incontro a parlarmi così e io sono un tipo che difende a spada tratta i suoi sogni e quindi anche la mia università e i miei studi. (Che per l'appunto, definisco miei perché scelti con cognizione di causa, secondo ''quello che sono brava a fare'' e perché mi appartengono davvero, visto che sto mettendo in gioco me stessa e il mio futuro.)
Nel suo primo articolo lei dice:
È giusto studiare quello per cui si è portati e che si ama? Soltanto se si è ricchi e non si ha bisogno di lavorare, dicono gli economisti. Se guardiamo all’istruzione come un investimento, le indagini sugli studenti dimostrano che quelli più avversi al rischio, magari perché hanno voti bassi e non si sentono competitivi, scelgono le facoltà che danno meno prospettive di lavoro, cioè quelle umanistiche. I ragazzi più svegli e intraprendenti si sentono sicuri abbastanza da buttarsi su Ingegneria, Matematica, Fisica, Finanza. Studi difficili e competitivi. Ma chi li completa avrà opportunità maggiori, in Italia o all’estero. Un paper del centro studi CEPS, firmato da Miroslav Beblavý, Sophie Lehouelleur e Ilaria Maselli ha calcolato il valore attualizzato delle lauree, tenendo conto anche del costo opportunità (gli stipendi a cui rinuncio mentre studio invece di lavorare) delle diverse facoltà nei principali Paesi europei.Quello che vorrei chiederle è: Lei ci conosce? Ha la più pallida idea di quali siano le nostre aspirazioni, di chi siamo noi e di cosa ci spinge ad iscriverci a quelle facoltà che danno ''meno prospettive di lavoro''? Lei è mai venuto a cena con noi? Ci ha mai intervistato per capire come mai facciamo la spola da casa nostra alle sedi universitarie e stiamo con i libri aperti anche il 25 di Dicembre? Con queste sue parole straripanti di numeri e discriminazione io mi sento offesa.
Lei non è nessuno per giudicare la mia carriera universitaria e quella dei miei coetanei e colleghi di studio, Lei non è nessuno per dirmi che io non ho la forza e le capacità di affrontare studi di medicina o ingegneria.
Mi lasci dire, Signor Feltri, che lei è solo un piccolo uomo - il più piccolo al mondo - che si nasconde dietro un giornale e dietro una laurea che di importante ha solo il nome dell'università che gliel'ha rilasciata. Mi fa piacere che lei abbia avuto la possibilità di studiare e laurearsi alla Bocconi, ma sa una cosa? Io e tanti altri ragazzi abbiamo avuto il coraggio - e ancora lo abbiamo - di seguire i nostri sogni, di non farci fermare da nessuno e non farci abbindolare dalla solita storia ''se fail il medico o l'avvocato guadagni di più''.
Divento medico o avvocato perché ne ho la predisposizione e una passione sfegatata, altrimenti, rovino solo la vita della gente. Un medico che ama il suo lavoro, che avesse voti bassi o no all'università, compirà sempre il suo mestiere come si deve. Uno che invece ha scelto l'università solo per far soldi, come ha fatto lei, non farà mai bene il suo lavoro perché l'80% delle volte o non è portato per quel mestiere o non lo sa proprio fare.
Appartengo quindi, come ben capisce, alla schiera di ragazzi che fortunatamente ancora ha qualche sogno da realizzare e che sceglie la propria carriera non in base ai soldi o alla fama che potrà portare.
E sa una cosa?
Sono uscita da un Liceo Scientifico, andavo anche molto bene in matematica, ma quando aprii un manuale di ingegneria mi accorsi che più che i numeri io volevo studiare le parole e il modo in cui comunicare con il resto del mondo. I numeri li capivo fino ad un certo punto, poi cominciavo a mandarli a quel paese, non perché non fossi brava tutto d'un tratto, ma perché c'era proprio un blocco mentale. I numeri non mi piacevano così tanto, non ci ero portata, e quindi arrivavo ad un punto in cui non mi interessavano più.
Ora sta succedendo la stessa cosa con un esame simile a quello che ha citato lei nel suo secondo articolo: Filologia Germanica. Sì, come vede, voglio fare l'intellettuale bohemien come dice lei, perché fa figo studiare una materia da futuri-poracci-senza-soldi, no? Se anche fosse, ho riscontrato che se con i numeri arrivavo al punto in cui chiudevo il libro e lo lasciavo a marcire, con questa materia succede l'esatto opposto. Se anche non capisco una cosa, ci sto lì ore e ore e cerco di farmela entrare in testa. Perché è questo il mio volere, perché voglio passare l'esame brillantemente e perché mi piace.
E l'intera mia risposta ai suoi poco umani e stupidi articoli, sta proprio in questo.
Si sceglie l'università in base alle proprie passioni, aspirazioni e amori. Costringere dei diciottenni a scegliere il proprio futuro in base ad un eventuale stipendio e a delle statistiche fredde e che poco hanno a che vedere con la vita vera, è una perdita di tempo ed un grosso sbaglio. Se a me non piace una cosa, non la farò mai bene, non ci sono santi che tengano.
Poi vorrei cordialmente ricordarle che l'Italia è un paese che si è sempre basato sugli studi umanistici, ovunque lei giri può respirare storia, arte, letteratura... siamo la patria dei più grandi artisti mai esistiti e stiamo facendo di tutto per dimenticarli. E lei è il primo. La cultura ha anche un importante lato scientifico, ma non per questo si deve cancellare il lato umanistico e dire che non porterà soldi o un posto fisso, perché sono cose che succedono solo qui, in questo paese. Si faccia un giro nel resto del mondo, le cose sono ben diverse. D'altronde il resto del mondo non ha pessimi giornalisti come lei.
Noi studenti non siamo numeri o percentuali, se lei ha scelto l'università sviato da ''menti più sagge'' e non è riuscito a fare quello che voleva, saranno affari suoi, ma nessuno le dà il diritto di spalare merda su quelli che hanno il coraggio di seguire le proprie idee indipendentemente da quanti zeri si trovino sul proprio stipendio. Siamo ragazzi, a cui già state togliendo un futuro, non rompeteci ancora di più dicendo che l'università a cui ci siamo iscritti non ci porterà lavoro. Perché non è vero.
Il lavoro ce lo togliete voi, non i corsi di studi umanistici.
Quando sarò grande e avrò la fortuna di tornare in una casa mia, la sera, dopo una giornata di lavoro, sarò felice e appagata perché starò dando il massimo nel lavoro dei miei sogni.
Anche se molto probabilmente quella sera il mio frigo sarà vuoto e non avrò i soldi neanche per comprarmi il Tavernello rosso.
In ultimo, le consiglio di venirsi a fare un giro nelle nostre università, vedrà che noi ''studenti di serie B'' tutto siamo tranne che degli scansafatiche, non abbiamo voti bassi e abbiamo tanta di quella competizione attiva nelle classi che lei se la sogna.
La invito anche al corso di Filologia Germanica del L'Orientale di Napoli, con la Professoressa Giordano o con il Professore De Bonis, venga a vedere con i propri occhi i manuali che dobbiamo studiare, il carico di lavoro e quanto difficile sia. Se in Italia non c'è lavoro in campo umanistico è anche per colpa di persone come lei che lo smembrano e lo rovinano, senza neanche conoscerlo, basandosi su delle statistiche.
Spero vivamente che i suoi prossimi articoli possano essere scritti con criterio, giustizia e raziocinio.
Cordiali saluti,
una studentessa ancora offesa.
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